1)
Il figlio del boia
Introduzione
L’idea c’è ma come dire? C’è e
non c’è, vaghezza noiosa, potrebbe essere e allora è così però il test
sull’originalità convince poco, di burattini
han già scritto in molti e dicono tutti le stesse cose, chi non conosce
la storia di Pinocchio? Brutto affare, mestiere balordo quello dello scrittore
soprattutto quando non viene pagato ma non si può pretendere che una tigre
ragli quando il suo verso è ruggire.
Di certo c’è nulla, questo è
certo ed è un buon punto di partenza.
Questa storia è ambientata nei
boschi della Lunigiana ai tempi che Dante scriveva la commedia, bisogna
intendersi, l’informazione è relativa al non essere della certezza quindi
siccome a quei tempi ogni giorno era oggi come al presente poco importa quanti
secoli sono e se Dante ha veramente scritto la commedia o la ha copiata da
qualcun altro in chissà quale data.
Il protagonista principale è un
ragazzo psicologicamente dominato dalla convinzione che al mondo non c’è
disgrazia peggiore che essere il figlio di un boia, gli altri personaggi stanno
uscendo dall’idea e sono ancora ad uno stato informe, per effetto si possono
probabilizzare un boia padre poi il re della Lunigiana, Dante, un mago
astronomo e indovino, una fata sibilla ed esigenze di copione.
Siamo a Casola Lunigiana, un
borgo turrito circondato da selve piene di lupi e briganti, il paese appare
come un teatro dove si sta aprendo il sipario e sopra i sussurri del vento si
sentono gli urli sguaiati di un bambino a cui stanno cavando un dente.
Per quanto è aspra e
forte la paura
Sulla strada vado
camminando
E di guardare avanti
non ho cura
Tanto è di getto il
mio passo sognando.
Nomi pronomi
soprannomi sinonimi
Verbi aggettivi locuzioni
parole
Volan nell’ aere del
foglio a far primi
Coi secondi per
rinforzar le suole.
Oh musa che i lassi
piedi della storia sostieni
A vagheggiar
sull’orme del passato mito
Favola e reale
all’egro oggi tra ieri e domani
Ispira l’ali a volar
alto sul macchinar ordito
Che di ogni cosa ogni
cosa è gradito.
Me
Me nessuno mi vuole, che ci sto a
fare qui? ho ancora il dente che fa male, m’ha fatto un buco, possano finir
sulla forca tutti i barbieri ed i loro ferri, squartati li vorrei, va be’ che
sono figlio di un boia ma che bisogno aveva di massacrarmi a quel modo?
Anche dal fornaio, me nessuno mi
guarda, sempre per ultimo, come se puzzassi, che colpa ne ho? Il pane lo tiene
a parte, girato al contrario per far capire che va al boia, chissà cosa ci
mette dentro, lo prende con le molle e me lo tira, i soldi invece non gli fanno
schifo, quelli se li mette in saccoccia insieme agli altri.
Qualche volta penso di morire ma
cosa c’è dopo? Nessuno me lo vuole dire ma hanno tutti paura, me nessuno mi
parla, forse nessuno lo sa, neanche il mago, glielo ho chiesto ma lui ha riso
ed ha detto che non sono domande da fare alla mia età.
Il mago è il solo che mi parli ma
mi fido poco di lui, mio padre lo conosce bene, gli procura molti clienti,
adesso ne stiamo proprio lavorando uno, non mi piace ma non c’è scelta, è
mestiere del figlio di un boia aiutare il padre ed ogni protesta si risolve a
frustate.
La piazza di Fivizzano è gremita
di folla per vedere, son venuti da tutti i paesi, aspettano dal mattino, gridano,
schiamazzano, si spintonano, ci sono il re e la regina con la figlia affacciati
alla finestra sulla torre ed il mago sul palco delle autorità circondato dai soldati.
il condannato arriva su un carro
tirato da un bue, nudo con la testa coperta da un cappuccio con le orecchie
d’asino, ha tutto il corpo insanguinato rigato da frustate e sta su legato ad
un palo, è un brigante che le guardie del re hanno catturato nel bosco mentre
bracconava. A me spiace, i briganti mi sono simpatici, vado spesso in cerca di
loro ma finora li ho visti solo così.
Aiuto mio padre a scaricarlo e lo
trasciniamo sul patibolo poi gli leghiamo mani e piedi alla croce.
Il pubblico si è zittito, non si
sente volare una mosca, i tamburi iniziano a rullare ed il re dall’alto ha alzato
lo scettro per dare inizio al macello. La figlia si è sporta in avanti per
guardare meglio, non manca mai alle esecuzioni, certe volte ho l’impressione
che guardi proprio me ma non sono sicuro, forse è quello che vorrei e mi credo
che lo faccia e poi che può cercare la figlia del re nel figlio del boia? Nei
sogni me lo chiedo, è molto carina, bionda con labbra rosse che tiene sempre
imbronciate oppure a cuoricino come se chiamasse baci e ha gli occhi che fulminano dove toccano, è
sempre ben vestita con acconciature elaborate ed un diadema di brillanti sulla
testa, anche lei come me comandata dalla sorte a seguire il mestiere del padre.
Il bargello fa suonare la tromba
ed un araldo legge le imputazioni, il pubblico applaude vociando rumorosamente,
fanno sempre così, poi zittiscono e si fanno tutt’occhi.
Per ora il mio lavoro si limita a
legarlo poi devo stare ad un angolo del patibolo pronto a portare i ferri. Per
prima cosa mio padre gli spezza le ossa con una spranga poi per qualche minuto
lo fa sobbalzare sulla croce in modo che gli arti si storcano. Di solito in
questa fase il condannato urla a tutto fiato ma questo rimane silenzioso,
dev’essere un brigante serio oppure gli avranno strappato la lingua ma non si
può sapere con certezza.
Mio padre nel suo lavoro è un
artista, poi la gente ne parla per giorni e lui queste cose le sa e ci tiene a
far bella figura, è lui che stabilisce l’ordine dei supplizi, in pratica fa
sempre le stesse cose ma ogni volta ne aggiunge una nuova, improvvisa, certe volte
fa in modo che si storcano di più le ossa del petto, altre del bacino, dà molta
importanza ai particolari, specialmente ai punti dove le ossa bucano la pelle
uscendo fuori ed allora schizzano sangue e lui sa farle uscire proprio dove
vuole, è come se dipingesse sul corpo del condannato una figura di vermiglie
fontane palpitanti.
Nel pubblico si sente qualcuno
vociare d’impazienza delusa perché il condannato non urla, anche il re e la sua
famiglia mostrano segni di disappunto, mio padre conscio del problema ha preso
le tenaglie arroventate e gli ha troncato un orecchio, poi il naso e quello
niente, sempre zitto, non si contorce neppure, solo quando gli stacca i
coglioni tirandoli lentamente inizia a gemere ed a respirare affannosamente
rantolando e fischiando per una costola spezzata che gli fuoriesce dal torace.
Il pubblico attento accoglie il
fatto con un applauso, mio padre sospira, il re sorride con sussiegosi cenni
del capo, la moglie fa tintinnare i gioielli di cui è ricoperta, la figlia
invece sembra che mi abbia fatto un gesto ma forse, per me è vietato guardarla
e lo faccio di nascosto, comunque mi sono quasi cagato addosso dallo spavento,
che emozione.
Il supplizio dura in base alla
colpa del condannato ed ai ghiribizzi del re che a sua volta deve sottostare a
quelli della famiglia e del pubblico, questo va avanti per ore, mio padre è
stanco, ormai il corpo del condannato è completamente mutilato e non sa più
cosa inventare, il patibolo è ricoperto di sangue, finalmente arriva la fine, smontiamo e diamo
fuoco, tutto brucia.
Il condannato ha un ultimo guizzo
di vita ed inizia a ridere come un pazzo, improvvisamente si alza il vento, tra
i crepitii del rogo si sente un battere d’ali che sprizza lingue di fuoco e
tizzoni ardenti tutt’intorno, il pubblico spaventato si sparpaglia e molti
fuggono urlando poi qualcosa di invisibile esce volando dalle fiamme e si
allontana velocemente verso l’alto.
Siamo tutti sbalorditi, i pochi
rimasti si sono accasciati a terra e tremano gemendo preghiere, il mago ha lo sguardo
fisso nel cielo ma non si vede altro che qualche nuvola stagnare sopra le
Apuane ed uno stormo di corvi allontanarsi gracchiando verso il bosco. Il re e la regina si sono
ritirati, è rimasta la figlia anche lei a guardare a bocca aperta il cielo schermandosi
lo sguardo con una mano al cui polso luccica riflettendo i raggi del sole un
braccialetto di smeraldi, è proprio carina, forse non è il momento di dirlo ma
aspetto sempre le esecuzioni con ansia per avere occasione di vederla.
Me non sono sorpreso, una cosa
del genere la presagivo da tempo, circolano molte storie sull’argomento ma ne
parleremo più avanti.
La sorpresa gela la piazza fin quando il patibolo crolla e tutto finisce
in ceneri e lapilli fumanti.
La
scuola.
Il re è quello che comanda ma il
mago è più importante, è lui che stabilisce il quando il come ed il dove di
ogni cosa. Me non so, ci sono cose difficili da capire, alla mia età, quattordici
anni compiuti da tre mesi, sembra in un modo ma poi sento le voci che circolano
e dicono diverso, un ragazzo non può far nulla per opporsi, nessuno lo
considera e specialmente me per via del mestiere di mio padre.
La contraddizione è come un muro invisibile,
me lo so bene, qui da noi non ci sono scuole, in paese i bambini sguazzano nel
fango tra porci e galline, solo i parenti del re ed i ricchi mercanti hanno un’istruzione
che il mago in persona impartisce in un locale della torre di Casola. Me non ci
volevo andare, me nessuno mi vuole e perché avrei dovuto ma il mago ha voluto così, scappavo e lui mi
trovava sempre e trascinava per un orecchio.
A scuola gli altri hanno i
vestiti ma me so parlare meglio e tra noi li domino ma loro sono uniti e sono
tanti e me da solo se non ci fosse il
mago non so come andrebbe. Comunque sto lì a fare il servo e durante le lezioni
sto in disparte e faccio una faccia poi ne faccio tante altre e non so mai che
faccia ho quando sono me.
L’aula ha le pareti ricoperte di
libri grossi e misteriosi, in ognuno c’è una storia ma sono scritti in un'altra lingua che solo il
mago conosce, si chiama latino, lui legge e nessuno capisce poi traduce e
racconta quasi sempre di Giulio Cesare, un grande re che comandava tutto il mondo
che per colpa di un traditore era morto e per questo quel mondo venne invaso
dagli unni di Attila che fecero tutti schiavi e così dovevamo penare per
scontare la colpa di quel traditore perché se non facevamo i bravi Attila
sarebbe tornato ed avrebbe nuovamente messo tutto a ferro e fuoco. A sentire il
mago Attila deve essere un collega di mio padre ma in queste cose preferisco
non scherzare.
Me a questa storia credo, da
bambini si è proprio creduloni poi… gli altri, siamo in nove, tutti maschi,
forse ci credono anche loro ma non lo dicono, la scuola è solo il mattino del
sabato, facciamo anche esercizi di scrittura e lettura, me sono il più bravo ma
il mago i miei compiti li tiene in disparte, come fossero il pane del boia e
forse non li guarda neppure. Gli altri alunni sono dei somari, stanno sul
foglio a guardar le lucciole succhiando lo stilo a parte due che all’inizio mi
avvicinavano poi ho capito che lo facevano solo per gli scherzi e adesso li evito.
A mezzogiorno la scuola finisce,
gli altri se ne vanno a cavallo sui valletti, me invece devo restare, il mago mi manda a fare commissioni o
lavoretti in giardino, me non piace ma è solo un giorno alla settimana ed alla
sera, quando fa buio, mi fa salire sul tetto della torre dove ha un grosso
cannocchiale per guardare le stelle. Me devo aiutarlo a girare la ruota che fa
muovere il cannocchiale, col tempo sono diventato esperto ed adesso conosco il
nome di un sacco di stelle e le loro storie, so che sono tutti morti che sono
finiti in cielo, così dice il mago, so anche riconoscere le costellazioni e la
loro posizione durante la notte e questo mi piace perché passo spesso le notti
solo nella foresta e le stelle aiutano a
non smarrire la strada.
La casa non so, non so neppure se
ho una casa, un tetto sotto al quale mangiare e dormire, la definizione
corrisponde ma la casa del boia è qualcosa di diverso, me abito lì, fuori dal
paese ma bene in vista sul sentiero che porta al cimitero, una stalla con uno
stanzone col caminetto dove si cucina e nel sotto tetto la camera da letto ed
il deposito delle castagne.
Mio padre è un omone grosso di
quarant’anni coi capelli folti e grigi e gli occhi azzurro slavato, quando c’è
è sempre ubriaco, lavora nell’orto oppure dorme, per fortuna è spesso fuori,
lui dice che va a fare gli straordinari, lo chiamano i signori nei loro
castelli e certe volte sta via per giorni ma non so cosa faccia veramente,
quando torna è quasi sempre di buon umore e l’unica cosa che lo fa stare
allegro sono i soldi però a me non ne dà mai, mi tratta come un cane e quando
c’è sto alla larga.
Avevo anche una madre ma è morta
due mesi fa. Di lei so poco ma abbastanza per non dolermene, una volta in
piazza ho sentito uno dire che era una puttana e che doveva finire sul rogo ma
che il mago l’aveva graziata per darla in moglie a mio padre, me non so ancora
capire certe differenze ma quando mio padre era assente venivano spesso uomini
a trovarla e in quelle occasioni mi cacciava fuori ed è per quello che passo
tanto tempo nel bosco. Il bosco è la mia vera casa, lì sono me, conosco tutti
i suoi segreti.
Il paese è piccolo, c’è la torre
del mago, il municipio, l’emporio, il mulino, una caserma di soldati, le case dei mercanti e artigiani con le botteghe
intorno alla piazza e le cascine dei contadini. Poco fuori il paese su
un’altura c’è un convento di magi che funziona anche da albergo ospedale. C’è sempre un gran via vai per la strada che
dal mare porta a Lucca, gli abitanti maschi lavorano quasi tutti alle cave di
marmo e tornano a casa una volta al mese, le femmine curano gli orti e le
stalle ed ingrassano, giorno dopo giorno.
Me ci vado poco, i bambini mi
tirano le palle di fango, le donne dicono che faccio la spia al mago e i
mercanti hanno paura che rubi, sembrano matti ma così è e non ci posso fare
niente.
Gli abitanti della Lunigiana sono
tipi strani e parlano un dialetto diverso da quello di Casola. Un po’ qui ed un
po’ là ho sentito dire che Attila aveva ammazzato tutti ed aveva fatto arrivare
uomini da altri paesi che avevano ripopolato il territorio eccetto a Casola e
qualche altro posto che erano stati risparmiati.
Su Casola circolano un sacco di
leggende. Ho sentito uno dire che i suoi abitanti discendono da un accampamento
di antichi soldati, una legione che aveva seguito Cesare alla conquista del
mondo. Di certo hanno usanze strane, la
patrona del paese è Santa Moneta e quasi tutti hanno l’abitudine di tenere in
bocca una monetina, anche quando vanno a dormire. Si dice che quest’usanza è
stata tramandata proprio da quei soldati che lo facevano in guerra per avere
pronto, se morivano, l’obolo da pagare a Caronte. Il popolo usa monete di rame,
i nobili ed i mercanti d’oro ma tutte prima vengono intinte nel sangue di toro
che i magi preparano in certe notti che le stelle hanno determinate posizioni e
che poi viene fatto raggrumare mescolato al succo di un fiore, a parere dei
più, miracoloso.
Per fortuna me di monete non ne
ho e sono esentato dal farlo e poi non ho paura di morire e tanto meno di
Caronte che non so neppure chi sia.
Poi c’è Dante, un tipo che vive
nella casa del re, ho sentito dire che è un poeta in esilio da Firenze da dove
lo hanno cacciato per via di una storia con la figlia di un portinaio, lo si
vede spesso nelle piazze a fare il cantastorie o a canzonar le giovani che hanno
il marito alle cave ed una volta dal mago mi ha anche parlato e dato un
pizzicotto su una chiappa. Mi è capitato di vederlo nel bosco a passeggio nei
sentieri vicino al paese in attesa di qualche contadinella ma non ci siamo
parlati.
Ci sono anche i briganti, finora
li ho visti solo al tavolo del boia ma i boschi devono essere pieni, questo è
quel che dicono tutti. A scuola il mago ha detto che sono seguaci del traditore
che aveva fatto arrivare Attila, me non so, se erano amici del vincitore perché
si danno alla macchia? Le domande le faccio solo a me per via delle frustate e
non sempre trovo le risposte però mi piacerebbe trovare i briganti per unirmi a
loro, è un sogno che faccio spesso, finisce sempre che poi rapisco la
principessa e non vado oltre per mancanza d’esperienza ma sono sicuro che
qualche cosa farei anche dopo.
Infine c’è la fata, questa me la
sogno solo, vive in un buco profondo nella foresta vicino al fiume che scorre a
valle, per parlarle bisogna mettere la testa nel buco e gridare dentro qualche
parola, l’eco risponde con parole diverse e facciamo sempre lunghi discorsi.
Una volta mi ha detto che Attila aveva rubato talmente tanto oro che non c’è la
faceva a farlo stare tutto nella tasche ed allora ne aveva nascosto una parte
nel bosco prima di andarsene, me non so cosa sia l’oro ma tutti ci danno una
grande importanza e mi piacerebbe trovarlo, la fata dice che la mappa del
tesoro è scritta tra le stelle e che se sono furbo prima o poi lo troverò.
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