Capitolo 3. Fatto da me.




        3)     Fatto da me

 

Dentro la scatola dei sogni c’è un ovulo ed uno spermatozoo, è probabile che lo spermatozoo si muova alla ricerca dell’ovulo in corsa con altri mentre l’ovulo sta fermo in attesa ma può anche essere come i ragni e che gli spermatozoi vengano imprigionati in una ragnatela e l’ovulo si scelga poi con calma lo spermatozoo per fecondarsi, non si può dire con certezza perché i casi possono essere ambedue validi e ce ne possono essere altri che all’apparenza non si vedono.

Lo spermatozoo non è l’ovulo, la forma dello spermatozoo è l’ovulo, comunque una volta raggiunto lo scopo della fecondazione ambedue non sono più ne uno ne l’altro e questo doppio non essere inizia a crescere. L’in sé del non essere è essere, il non essere non è essere, la forma del non essere è essere, il ragionamento si muove calcolando che la forma dell’essere è non essere e la forma del non essere è essere e che i rapporti si possono invertire come nel caso di un corpo caldo che se non è riscaldato si raffredda e di un altro freddo che se non è raffreddato si riscalda.

Chi era quel secchione che criticava la ragion pura?

Ragione pura e matematica sono sinonimi, le probabilità non si calcolano con le operazioni aritmetiche, il processo è puramente dialettico, vale a dire che un metro non è dieci decimetri, la forma di un metro è dieci decimetri, uno è nome e l’altro forma ed il nome non è forma.

Bisogna calcolare che un metro è metro se lo si guarda davanti agli occhi, ad una distanza di cento metri lo si vede molto più piccolo quindi la misura è relativa al punto di osservazione oppure, come nel caso del computer, ad uno zoom usato per ingrandire o rimpicciolire. Lo zoom rende possibile la spaziatura del limite, cioè lo spazio tempo, il limite e la velocità della luce.

La sborrata è partita, gli spermatozoi liberati dall’involucro che li conteneva cioè l’uomo, il segno che li raffreddava, si accendono e fluiscono come fa la corrente elettrica catturata dalla dinamo alla ricerca di un nuovo accertamento, brividi di goduria nell’intubazione vaginale che porta il calore all’ovulo per essere nuovamente raffreddato. Bisogna calcolare che un decimetro non è un metro, la forma del decimetro è il metro, infatti il decimetro in sé ha la forma di dieci centimetri quindi ogni spermatozoo in sé ha la forma di tutti gli altri così come ogni uomo in sé ha la forma di una testa con tronco, addome, arti,  ecc.

L’ovulo riscaldato non è più freddo, quindi non è più ovulo e prende la forma dello spermatozoo con una testa, tronco, addome arti ecc.    rivestendolo di un nuovo abito.

Guardando le stelle viene da ragionare sul tempo. Sul pianeta Terra quel che si trova, ad esempio, alle ore cinque per la lontananza vede più piccolo quel che si trova alle ore quattro e alle ore sei e naturalmente quel che si trova alle ore quattro vede più piccolo quel che si trova alle ore tre e alle ore cinque e si può dire lo stesso per tutte le ore, i minuti ed i secondi del giorno, la posizione è relativa all’assoluto cioè il meridiano di Greenwich.

In questo caso l’assoluto è relativo ad una convenzione, l’assoluto non è relativo ma ne prende la forma, naturalmente convenzionale cioè una forma nominale che non è assoluta ma che comunque determina la relatività del tempo. Come diceva il secchione citato prima l’assoluto si può accertare a priori, infatti è vero, in base al totem si vede la tribù come in base allo spermatozoo si vede l’ovulo fecondato.

La storia è fatta di date, le date sono relative alla nascita di cristo, prima e poi, per convenzione il tempo è stato diviso in due movimenti opposti e l’assoluto convenzionale è diventato totem dando forma alla storia. Oggi, per la lontananza, si vede più piccolo quel che si vede di ieri o domani, oggi è il punto assoluto e quel che è assoluto non è convenzionale e neppure relativo.

Quel che appare sono due punti assoluti, uno reale ed uno convenzionale dove il convenzionale è base del reale come il centro è base del cerchio, passato e futuro, se oggi è domani non è oggi e di conseguenza lo diventa il giorno della nascita di cristo, il centro del web, una data base.

Cosa c’è sulla stella polare? Dopo tutto questo ragionamento si può provare a ficcarci il naso…
 
 

                   

Una credenza sciogliere la crocchia

Rombo di cazzo che spara contato

Ai lunghi capelli della parrocchia

Siluro d’idea  in panno incarnato

Vaso letale non porta fiore

Nome di sangue stillato a parole

Cresce nel sogno chiamato amore

Solo per lazzo senza una prole

Veste corriera correr le stelle

Fantasmi negati canzon stonate

Porta in saccoccia il belar d’agnelle

In tubo ad agitar suonate

Facile critica chi non ha eguali

Canto di pazzo a nominar spazzato

Rumor di sfascio a fighe mentali

In rete il sublimar piazzato 

Che a lungo andar s’è alzato. 

 

                                                   Il totem stellare. 


Me sto fermo, non vado ne avanti ne indietro eppure mi muovo, non so come dire ma è così, me sono abituato a me e non mi stupisco, è come se a ogni passo a fare il passo è un altro me, uno due tre…da me si allunga una lunga fila di me e quello in testa è me mentre me sono sempre fermo al punto di partenza. Quale me è quello vero? Me lo sono chiesto tante volte, uno sono me e l’altro forse è il confronto, non è facile trovare la parola giusta ma comunque dev’essere qualcosa del genere, un me che si confronta con me oppure sono me che mi confronto con quello credendolo me.

La sfera luccica di stelle, la fila di me si allunga verso l’ingresso, entra, dentro le stelle scompaiono e se ne vede solo una piccolissima e lontana al centro di una spazio immenso che piano piano si avvicina, non è un avvicinarsi come una cosa che viene incontro o a cui si va incontro ma è come se diventasse sempre più grande. Me ho già visto una cosa del genere nel cannocchiale di Casola quando il mago mi fa allungare la distanza dei tubi e quel che si vede piccolo diventa grande, il mago ha detto che è uno zoom, una zoomata.

Me sono fermo all’ingresso e guardo anche perchè davanti non si può andare, dopo la porta è teso un asse di legno che si allunga di qualche metro come un trampolino su un vuoto senza fine.

 


La stella brilla come la luna e continua ad avvicinarsi, si vede sempre più grande, è lontana come se dalla Terra si guardasse la stella polare, cresce lentamente, senza fretta, il tempo sembra essersi fermato e lo spazio, il vuoto senza fine diminuisce con il crescere della stella, ora si vede tutta bitorzoluta e percorsa da spaccature, le spaccature si allargano, ingrandendo sembra esplodere in tanti pezzi ed ed ogni pezzo è  come la stella ma più piccolo e tutti insieme allargandosi mantengono la forma sferica e continuano ad avvicinarsi diventando sempre più grandi, adesso anche le parti iniziano a screpolarsi ed andare a pezzi, si dividono come se esplodessero in tante piccole sfere e anche queste crescendo e allontanandosi dal centro diventano sempre più grandi, ora lo spazio è completamente riempito di stelle che ruotano e brillano ma il movimento continua a crescere dando l’impressione di essermi tuffato dal trampolino e di  volare nell’universo, prima volo agitando le braccia poi vedo che si può fare anche senza e sembra di avere ali invisibili che con la fantasia vedo splendere di colori sfavillanti.

Le stelle dopo la spaccatura allontanandosi dal loro centro si sono disposte a formare figure fantastiche, tra loro c’è un esile filo luminoso che le tiene collegate, si vede appena, anzi, ora ingrandendo si vede meglio, è un filo doppio, uno che va ed uno che viene e tutti questi fili avvolgono l’intero universo come una ragnatela e le figure sembrano avvolte dai fili come mosche imprigionate da un ragno. Me comincio a pensare che se questa è una ragnatela e c’è il ragno  allora è meglio che faccio attenzione a volare  e mi tengo a distanza dai fili per non venire invischiato, me sono una tigre e non ho paura di niente, vorrei divertimi e volando fare tuffi planate e salite come gli uccelli ma sono fissato e sono me che immagino e me che vive quello che immagino e continuo ad andare avanti restando fermo.

 Il volo è diretto verso il centro che con la crescita dell’immagine è rimasto sempre allo stesso posto. Dopo l’esplosione la stella polare non si vede più, forse neanche prima c’era e non c’è stata nessuna esplosione, semplicemente da lontano si vedeva come una stella sola mentre invece era un intero universo che zoomando è venuto alla luce. L’immagine è ancora lontana ma al suo posto ora sembra di vedere una macchia nera proprio come il buco di un ragno

         
                                                                         

Quel che sembra è forse quel che si crede, quello che ho imparato e sentito dire, l’immaginazione lavora su quello che sa, intanto un me dopo l’altro la scia ha seguito il volo, si è allungata come un elastico ed ora il me di partenza non si vede più da tanto è lontano. 

L’immagine continua a crescere mantenendo il centro sempre alla stessa distanza, le stelle dopo l’esplosione si sono allontanate spandendosi ovunque, è difficile da spiegare, volo ma il movimento è solo dell’immagine, vicino a me c’è una stella che si avvicina gonfiando, sembra la luna, forse è proprio lei ma non posso dire con sicurezza perché non ci sono mai stato.  Sembra di volare verso di lei ma è lei che crescendo viene verso di me, adesso è diventata talmente grande che ci posso posare i piedi sopra, non è facile come dire perché è tutta ricoperta da alberi pietrificati con lunghi rami contorti che si protendono verso  l’alto e tra i rami sono tese grosse ragnatele che…qua bisogna guardare con calma perché è una cosa veramente incredibile.

Da tutto l’universo arrivano come una pioggia incessante sciami di minuscole farfalline luminose, certe vengono catturate dalle ragnatele altre cadono a terra e si rialzano subito per spargersi qua e là in un luccichio continuo che dà forma a prati con steli d’erba e fiori dai più svariati colori, quelle catturate dalla ragnatele vengono subito immobilizzate dai ragni che le avviluppano  nei loro fili lasciandole poi a penzolare così che ogni albero sembra rivestito di foglie fiori e frutti luminosi.

Ragni e ragnatele ce ne sono di tutti i tipi e colori, piccoli, grandi, medi, i ragni sono come quelli che si vedono di solito ma hanno dimensioni umane  e sono continuamente indaffarati a catturare e succhiare le farfalline oppure a tessere e riparare la loro tela. I ragni mi piacciono, quando vado nel bosco se non sento i loro fili so che è passato qualcuno ed allora cambio direzione. Quando si sta  soli si fanno cose che altrimenti non si farebbero, ho passato tanto tempo ad osservarli, la cosa che mi piace di più è che hanno la faccia sul sedere, la natura sembra essersi divertita disegnando le loro espressioni, sembrano maschere, molte volte ho riconosciuto nei loro lineamenti le persone che anche loro hanno la faccia nel sedere ma la tengono nascosta.  

Mentre guardo i ragni indaffarati nel loro lavoro ne scende uno grosso calandosi da un filo, si avvicina tremolando le chele e spruzzando vapori da una balconata di occhi tondi neri e maligni. Inizia a saltellarmi intorno sulle lunghe zampe filando e intanto agita le chele sbruffando come se annusasse. Con mio grande stupore sul sedere ha disegnata una maschera che somiglia alla principessa della Lunigiana e storce la bocca proprio come lei quando è contrariata.   






 

Me ho capito che a continuare così vengono fuori i soliti discorsi cretini, la storia si ripete, si ripetono le scene con gli stessi personaggi vestiti in modo diverso, adesso sono ragni, una realtà…come dire?...è la natura, il simbolo e la legge universale che la anima, me voglio trovare qualcosa di nuovo, qualcosa che non si è mai visto o sentito prima, me  sto facendo l’oroscopo e non ci credo agli oroscopi, voglio vedere il futuro com’è, così com’è adesso oppure così come vorrei o ancora così come potrebbe andare, me sono uno ma c’è tutta la fila di me che sono stati uno e adesso sono una scia che si allunga dall’origine, diverso potrebbe essere…prima ero nel mulino di Archide tra i briganti della Lunigiana e adesso sulla luna tra i ragni, quello di prima lo credo solo e non è quello di adesso, sono un altro me e quale me non lo so ancora.

La foresta pietrificata sembra viva, gli alberi sono morti ma le lucciole che arrivano dal cielo li fanno splendere come vivi, forse la vita è una maschera che ricopre la morte ma questo è un pensiero che non so quale me ha, come prevedevo si sta formando la piazza, ci sono negozi con le vetrine ragnatela che attirano i clienti e quelli che acchiappano li spremono di quello che hanno, proprio come a Casola o in qualsiasi altro posto sia stato, ce ne sono che ce l’hanno piccola ce ne sono che ce l’hanno grande che avvolge tutto il mondo, al posto del sangue succhiano i soldi, ogni ragno ha il suo borsellino più o meno gonfio che gli dà la seconda faccia e di ragno in ragno si sale verso la ragnità, il cuore che li anima tutti, forse quello che ha più soldi ma potrebbe essere un illusione perché comunque più dei soldi deve essere molto intelligente e fare cose che nessun altro sa fare.

La fila di me che segue si allunga ormai all’infinito, sembra proprio come la bava di un ragno dunque adesso sono ragno e potrei tornare indietro ripercorrendoli tutti oppure continuare ad andare avanti e veder quel che succede senza preoccuparmi se il racconto segue il filo…il ragno si è spostato su un altro livello, adesso ad allungarsi è il filo del discorso, ci sono solo parole, lettere, frasi e quello che a prima vista m’era sembrata la luna ora sta splendendo come il sole…l’immagine cresce ed a crescere sono le figure che si evolvono naturalmente mentre me sono immaginato e nello stesso tempo immagino, quale me sono non importa più perché non ha importanza dato che quello che importa è rimanere vivo.

La ragna continua a girare intorno filando, mi ha già circondato di uno spesso reticolato appiccicoso, sembra un anello, me immagino e faccio quel che voglio del me immaginato ma me immagino per modo di dire perché chi immagina veramente non lo so e forse sta fuori da questa storia e non è un ragno e neppure qualsiasi altra cosa possa immaginare.

La ragna sul sedere ha una faccia carina ma davanti ne ha tutta un’altra, sembra la fame in persona, la balconata di occhi luccicano spietati, un doppio evidente, me non mi piace parlare difficile come i dottori anche perché non sono capace e mi piace sempre capire ed avere tutto chiaro che così è perché così è ed allora mi sono inventato un modo di fare le figure per esempio e da quelle figure capire il come e il perché. Me di soldi non ne ho ma se siamo tra parole forse vuole succhiarmi qualcos’altro ed allora è meglio agire con cautela perché comunque  non ho ancora detto che ho le intuizioni e le cose le posso capire anche senza capirle.   

 

                                      Caterina 
 


“Chi sei?” chiedo alla ragna.

Lei,  con voce stizzita un po’ gracchiante  framezzata da tirate su di naso secche e frequenti che continuano anche quando non parla risponde dalla faccia del culo: “Come non mi riconosci? Eh già, il signorino adesso se la fa con le briganti e non mi riconosce più! Sono Caterina, la principessa della Lunigiana!”

Strascica le parole in un dialetto che ricordo di aver già sentito da un mercante di Asti che veniva spesso a trovare mia madre quando passava per Casola ed il boia non c’era. Mi portava sempre dei doni per togliermi di torno e qualche volta mi parlava framezzando nel discorso continue citazioni e proverbi del suo paese che poi tra me ripetevo. Mi riprendo dalla sorpresa e dico:

“Sei tu? Infatti mi sembravi ma come facevo a riconoscerti, sei un ragno, come fai a parlare dal sedere? Non lo sapevo che eri così, mi hai lasciato proprio di sasso.”

“Quale ragno, quale sedere? Fa attenzione a quello che dici, io sono la principessa, la figlia del re e qui mi ubbidiscono tutti altrimenti gli faccio tagliare la testa da tuo padre. Adesso mi devi spiegare perché mi hai tradita con quella plebea e bada bene di essere sincero perché io non sopporto i bugiardi!”

Principessa o non principessa me continuo a vedere un ragno e se la faccia sul sedere ce l’ha carina davanti ha le chele che sprizzano veleno e non promettono niente di buono. Sugli alberi gli altri ragni si sono fermati a guardarci mostrando tutti il sedere, si vedono facce incredibili, me non so come dire, forse non esiste ancora la parola,  sembrano le facce dei folletti del bosco, di questi non ho ancora detto ma ne parlerò poi perché adesso Caterina insiste:

“Allora, questa spiegazione!”

“Se proprio vuoi saperlo te lo dico, me non sapevo che ti tradivo, me non lo sapevo proprio, quando ti ho fatto promesse? Ti ho sempre vista alla finestra e non ci siamo mai parlati, forse te lo sei immaginato tu nella tua testa ed è quel me lì  che ti ha tradito ma come ha fatto se quel me non sono me?”

Caterina è proprio arrabbiata, tirando su dal naso con fare imperioso dice: “Me me me, di quale me vai parlando? Io ti ho visto, di qui si vede tutto quello che fate laggiù, non mentire, tu lo sapevi bene anche se non ci eravamo mai parlati ed adesso pagherai la tua colpa perché non si tradisce la figlia del re impunemente.”

Me ho capito che questa fa sul serio, forse è matta ma qui comanda lei e il manicomio le ubbidisce, meglio assecondarla, cerco di fare la voce convincente e  dico: “Va bene, hai ragione ma ero finito tra i briganti e se non facevo così mi tagliavano la testa e me non me la volevo far tagliare da loro perché amo solo te e voglio farmela tagliare da te.”

“Hmmm…” brontola lei dopo aver aspirato dal naso e deglutito,  “sembra la risposta di un voltagabbana ma è proprio quello che pensavo e non poteva essere altrimenti, per questa volta ti perdono ma bada bene di non rifarlo perché allora non avrò pietà.”

La ragna si ferma e smette di filare. Ora ha la faccia sul sedere tranquilla, almeno sembra perché è pur sempre il culo di un ragno, è certo che sto sognando e l’intuizione lavora su un’ idea che sta lievitando lentamente, siamo in un sogno, non devo dimenticarlo e quando mi sveglierò trarrò le conclusioni. Chiedo: “Che posto incredibile è questo, dove siamo?”

La principessa tira dal naso un paio di volte e risponde: “Non lo vedi da te? Questo è il palazzo dei miei avi, ci sono tutti fino a Geus, il capostipite  della mia famiglia.”

“Però…e vivete così, sugli alberi, come i ragni?”

“Quali ragni? Non vedo nessun ragno, questo è l’Olimpo.” Rimane qualche secondo a rimuginare sulla parola, tira su dal naso e continua: “Io non so perché mi sono innamorata di te, forse una strega mi ha fatto la fattura, tu sei plebeo ma io sono una principessa illuminata e mi piace il popolo anche se non sempre sopporto la sua puzza…puzzano come maiali i porci… adesso che siamo insieme ti voglio conoscere meglio, anch’io finora ti ho visto solo dalla finestra e di te so solo quello che dicono i servi ed i mei cousins che vanno alla scuola di Casola, forse mi ricrederò e non te lo auguro ma io sono la principessa e non sbaglio mai e se ho scelto te un motivo ci deve essere e sono proprio curiosa di sapere quale.” Tira su dal naso tre volte di seguito in rapida successione e conclude: “Esprimi un desiderio.”

Nello spazio di un secondo vedo un’ idea brillare: “Se questa è veramente la principessa la potrei rapire e poi portarla ai briganti quando mi sveglio così mi dovranno accettare per forza e non farò più il figlio del boia…allora facciamo così, continuerò ad assecondarla e farò in modo che si metta in trappola da sola, come non ha importanza, improvviserò!”  Fuori dall’idea torno me e rispondo: “Voglio conoscere l’Olimpo!”

La principessa tira su dal naso sul sedere una lunga aspirata gorgogliante di muco e dice: “Lo sapevo che me lo avresti chiesto, io me lo sono detta molte volte, forse tu non sei veramente il figlio del boia ma ti hanno fatto l’incantesimo e devi invece essere qualche mio lontano parente che nessuno ancora conosce…facciamo così, inventerò una balla per partire e poi andremo insieme a trovare Geus, il nonno sa sicuramente chi sei ed a quel punto non avrò più dubbi e ci potremo sposare senza far ridere tutti, nel viaggio ti farò conoscere l’Olimpo.”

Me di sposare la principessa, ora che so che è una ragna, non m’importa più ma la proposta mi piace e dico:

“Va bene, andiamo!”

“Prima ti devi cambiare abito, vestito come sei i guardiani non ti farebbero passare, vado a rubare il vestito a un mon cousin e te lo porto, tu aspettami qui.”
 Detto questo soffia un lungo filo setoso che si va ad agganciare al ramo di un albero e ci si arrampica velocemente scomparendo tra il fogliame dorato appena mosso di vento e le facce di culo di ragni che osservano senza dir nulla.

 
           

                                  

            I folletti 


Avevo la nonna, la madre del boia, viveva nel bosco in una capanna in cima a un dirupo sommerso dai rovi insieme ad un vecchio lupo addomesticato spelacchiato e coperto di rogne che lo facevano grattare in continuazione ed attaccava la voglia di grattarsi a chiunque lo avvicinasse.  Quando avevo sei anni la trovarono morta maciullata a bastonate, la capanna bruciata e del lupo non si seppe più nulla. Nessuno fece indagini e la cosa finì lì.

Di lei ricordo poco, non so se ci andavo da me o mi portavano ma quando stavo da lei era sempre intenta a rimestare in un pentolone nero appeso sopra il fuoco del camino e non parlava mai se non per gemere e lamentarsi. Mi aveva insegnato un gioco, stendeva un rotolo di carta annerita sul tavolo e ci svuotava sopra un sacchetto pieno di sabbia, sassolini, semi, pezzetti di vetro ed altre minuzie facendo dei mucchietti che poi agitava con il dito. Finita l’operazione, sotto la luce
tremolante di una candela al centro del tavolo, mi faceva guardare la cima dei mucchietti e da come si erano disposti i granelli si potevano riconoscere delle facce che cambiavano continuamente fisionomia ai capricci della fiammella. Me la cosa divertiva, le facce aprivano la bocca e  la muovevano come se parlassero, me non sentivo niente ma avevo l’impressione che la nonna capisse. 

Dopo la sua morte mi rimase l’abitudine di osservare la casualità degli accostamenti nelle cose e conobbi i folletti. Di loro sapevo quel che raccontava mia madre o sentivo per strada, esseri fantastici che vivevano nascosti e ne combinavano di tutti i colori, tutti li conoscevano ma nessuno li aveva mai visti, favole per bambini da crederci oppure no eppure me li ho visti anche se non sono mai riuscito ad acchiapparne uno, sono burloni e veloci come lampi, sfruttano i chiari scuri, le luci e le ombre, i riflessi dei raggi di sole e di luna sull’acqua e tra le foglie degli alberi, le nuvole, il fuoco, appaiono un attimo e subito scompaiono, di loro si vede solo la faccia, beffarda e mai la stessa.

 Crescendo, frequentando la scuola ed il mago, ho capito che si trattava di effetti ottici, miraggi,  illusioni ma prima…quante volte, armato di un setaccio o di un retino da farfalle ho cercato di catturarli…ebbene, le facce dei culi di ragni sembrano proprio quelle dei folletti, sono tutte accalcate sui rami e sogghignano beffarde, mi viene il desiderio di avere uno spillo per pungerne qualcuna e vedere che cosa succede e mi ritrovo con uno spillo lungo e luccicante in mano proprio mentre la principessa si cala dall’albero sventolando tra le zampe pelose un vestito multicolore molto sgargiante. 

“Ehi! Stai attento con quel coso, mi vuoi pungere, dove l’hai preso?” strilla posandosi a terra.

“Non so…è spuntato così.”

Lo spillo ha una capocchia tonda con un incavo e lo si può impugnare come una spadino. Lo faccio saettare per l’aria e poi me lo appendo alla cintola.

“Cominciamo bene, ” dice Caterina,  “dai mei cousins ho trovato tutto chiuso ma sono riuscita a prendere questo, è un vestito da giullare su per giù della tua misura, indossalo, nessuno troverà niente da dire se la principessa si porta dietro un suo trastullo.”

“Meno male…” sospiro,  “credevo mi portassi un vestito da ragno,  me di fare il giullare piace poco ma come si dice: a la guerre comme a la guerre, per farti piacere lo indosserò.”

Metto il vestito, mi sta aderente, è acceso di tutti i colori ed in testa ha un cappello con quattro sonagli che pendono. Agito lo spillo per aria ed esclamo: “Mia principessa, al tuo servizio, con questo infilzerò tutti i nemici che incontreremo.”

“Oh, mio eroe…” risponde lei arrossendo poi tira su dal naso e continua: “Adesso andiamo, i miei non sanno che sono qui, facciamo finta che mi hai rapita, ho sempre sognato di essere rapita e forse mi hai rapita veramente, tu…” tira su dal naso a secco e riprende: “aspetta, ho detto eroe…forse è meglio che prima mi faccia un tirino.”

Da una tasca sull’addome estrae uno specchietto e ci svuota sopra una striscia di polvere marrone da un piccolo corno d’avorio che ha appeso al collo poi subito la aspira avidamente in una narice con un tubicino dorato. Solleva la testa sull’addome e continua a tirare su dal naso e deglutire fin quando torna a guardarmi con occhi languidi. Finora ha fatto tutto con la faccia sul sedere, l’altra la scorgo di tanto far capolino per guardarmi di sottecchi fugace come un folletto.

“Adesso sto meglio! questa è brown di prima qualità, ” dice tra una sniffata e l’altra,  “la fanno apposta per la mia famiglia, tu non sai, è come stare in paradiso, annulla tutti i dolori, tutti i pruriti…vuoi fare un tirino?”

“Me ho capito, lo faceva anche mia madre ma non pensavo che tu…tiri su dal naso come un cavatore, credevo che le principesse…”

“Oh, cosa vuoi credere tu, coi servi è così ma tra noi, la vuoi o non la vuoi?”

“Me non so, mi piacerebbe ma…mia madre quando non ce l’aveva urlava, era il suo padrone, per lei la dava anche ai cani, forse dopo, per provare…”

“Oh, quante storie!” esclama rimettendosi lo specchio in tasca dopo averlo leccato ben bene,  “Adesso andiamo, fammi strada!”

“Come sarebbe, tu non la conosci?”

“No, del nonno ho sempre sentito parlare ma non l’ho mai visto, so che lui vive in cima all’Olimpo tra tuoni e fulmini, c’è una strada per aria che porta là ma è interrotta da un cancello dove ci sono i guardiani che aprono solo a chi sa rispondere alle loro domande altrimenti li fanno secchi. Io al cancello ci so arrivare ma poi non so altro.”

“Ho capito, mi stai usando perché non sai come passare il cancello!”

“Continui a fare storie? Sei tu che mi hai rapita, di cosa ti lamenti?”

Me ho poca esperienza con le donne ma capisco che è inutile discutere, la storia pur cambiando l’apparenza continua verso lo scopo prefissato, siamo sulla stella polare, un universo dove al centro c’è un buco nero, l’intuito mi dice che la cima dell’Olimpo dove sta Geus dev’essere proprio lì, andiamo a ficcarci il naso.

La principessa soffia un filo per aria ed inizia ad arrampicarsi trascinandomi dietro avvolto in un altro filo che tiene stretto con le chele della faccia davanti. Coi sonagli che trillano al vento saliamo fin sopra le nuvole dove c’è un cancello chiuso ad aspettarci.              

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